Esplorando San Lorenzo, attraversando le sue strade e perdendoci tra i suoi vicoli, ci ritroviamo in via dei Lucani dove, al numero 18, attrae la nostra attenzione un piccolo laboratorio artigiano: è la Fabbrica Ombrelloni di Renato Bellori. Incuriositi, decidiamo di entrare, pronti a scoprire questo angolo del quartiere, pronti alla sorpresa dell'incontro e alle mille strade che ogni pezzo di quartiere può aprire sull'orizzonte della scoperta.
All'ingresso ci accoglie il figlio del titolare, Carlo Bellori, un vero SanLorenzino, a suo dire, perché ci è nato e cresciuto, lavorando da anni in quella stessa fabbrica. Davanti alle nostre domande sembra interessarsi e pian piano, sulla porta, inizia a raccontarci una storia che ha inizio fin dai primi anni del '900, quando suo nonno venne a San Lorenzo.
Era l'8 Dicembre, la festa dell'Immacolata, per San Lorenzo una ricorrenza molto sentita che ancora oggi è capace raccogliere chi si sente di appartenere in un certo modo al quartiere, con i suoi miti e i suoi riti. In quel giorno di tanti anni fa, suo nonno conosce una ragazza di San Lorenzo, che diventerà sua moglie, decidendo così di stabilirsi nel quartiere ed iniziando qui la sua piccola attività.
Un'attività, quella di costruire ombrelloni, che è stata tramandata di padre in figlio e che oggi vede i suoi prodotti esportati in tutto il mondo, e pensare che, almeno all'inizio, i clienti erano rappresentati dagli ambulanti che giravano per i mercati e avevano bisogno degli ombrelloni per meglio esporre e proteggere la merce. Di lì in poi l'attività è cresciuta, tramandata a suo padre, spostandosi in Via dei Lucani, e poi a lui che oggi lavora con il figlio, proiettando ancora negli anni avvenire la stessa attività, rigorosamente artigianale, che ha saputo rinnovarsi tramandando le competenze e rinnovando negli anni lo stesso spirito imprenditivo con passione. Il signor Carlo inizia poi a parlarci del quartiere nel quale vive e lavora, inizia a raccontarci una San Lorenzo che manifesta uno spirito solidale, sulla buona e sulla cattiva strada, quella San Lorenzo che lui ha vissuto fin da ragazzo e che tutt'ora vive e attraversa. Ci racconta un quartiere fatto anche di malavita, ma con le sue regole ben precise, perché il SanLorenzino è attentissimo ad ogni cosa che succede nel quartiere, vede tutto e nota ogni cosa: ci racconta che quando veniva a trovarlo un amico proveniente da un altro quartiere romano, o anche da fuori Roma, uno straniero insomma, era molto probabile che sarebbe stato vittima di un furto di qualche genere, allora lui, all'arrivo dell'estraneo, suo amico, sapeva che doveva prima farsi un giro nel quartiere in compagnia dell'amico sconosciuto ai più, in modo che tutti vedessero che era un estraneo che veniva a San Lorenzo per un motivo preciso, veniva a trovare un amico, era un amico di un SanLorenzino, allora l'immunità era sancita. In caso contrario, l'avventore non l'avrebbe passata liscia, magari ritrovando la sua macchina intatta, ma senza le ruote. San Lorenzo era questa, non più di 40 anni fa. Allo stesso modo, con una retorica che andava sempre più ammorbidendosi, ci racconta anche di un quartiere solidale, in senso positivo e conviviale, dove la fiducia tra gli abitanti è una garanzia. Questo aspetto di San Lorenzo, ci dice, è oggi vivo più che mai: come esempio ci racconta che c'è, oggi come ieri, un abitudine condivisa tra una parte di SanLorenzini, che consente di avere credito da una serie di attività del quartiere e poter pagare la somma accumulata di tanto in tanto. Quest'abitudine non è condivisa dalla totalità del quartiere, ma solo da parte di alcune attività, che sembrano comunque molte. Ci restituisce in questo senso un'immagine di San Lorenzo come quartiere solidale, oggi come ieri.
Un'attività, quella di costruire ombrelloni, che è stata tramandata di padre in figlio e che oggi vede i suoi prodotti esportati in tutto il mondo, e pensare che, almeno all'inizio, i clienti erano rappresentati dagli ambulanti che giravano per i mercati e avevano bisogno degli ombrelloni per meglio esporre e proteggere la merce. Di lì in poi l'attività è cresciuta, tramandata a suo padre, spostandosi in Via dei Lucani, e poi a lui che oggi lavora con il figlio, proiettando ancora negli anni avvenire la stessa attività, rigorosamente artigianale, che ha saputo rinnovarsi tramandando le competenze e rinnovando negli anni lo stesso spirito imprenditivo con passione. Il signor Carlo inizia poi a parlarci del quartiere nel quale vive e lavora, inizia a raccontarci una San Lorenzo che manifesta uno spirito solidale, sulla buona e sulla cattiva strada, quella San Lorenzo che lui ha vissuto fin da ragazzo e che tutt'ora vive e attraversa. Ci racconta un quartiere fatto anche di malavita, ma con le sue regole ben precise, perché il SanLorenzino è attentissimo ad ogni cosa che succede nel quartiere, vede tutto e nota ogni cosa: ci racconta che quando veniva a trovarlo un amico proveniente da un altro quartiere romano, o anche da fuori Roma, uno straniero insomma, era molto probabile che sarebbe stato vittima di un furto di qualche genere, allora lui, all'arrivo dell'estraneo, suo amico, sapeva che doveva prima farsi un giro nel quartiere in compagnia dell'amico sconosciuto ai più, in modo che tutti vedessero che era un estraneo che veniva a San Lorenzo per un motivo preciso, veniva a trovare un amico, era un amico di un SanLorenzino, allora l'immunità era sancita. In caso contrario, l'avventore non l'avrebbe passata liscia, magari ritrovando la sua macchina intatta, ma senza le ruote. San Lorenzo era questa, non più di 40 anni fa. Allo stesso modo, con una retorica che andava sempre più ammorbidendosi, ci racconta anche di un quartiere solidale, in senso positivo e conviviale, dove la fiducia tra gli abitanti è una garanzia. Questo aspetto di San Lorenzo, ci dice, è oggi vivo più che mai: come esempio ci racconta che c'è, oggi come ieri, un abitudine condivisa tra una parte di SanLorenzini, che consente di avere credito da una serie di attività del quartiere e poter pagare la somma accumulata di tanto in tanto. Quest'abitudine non è condivisa dalla totalità del quartiere, ma solo da parte di alcune attività, che sembrano comunque molte. Ci restituisce in questo senso un'immagine di San Lorenzo come quartiere solidale, oggi come ieri.
Nella totalità il signor Carlo ci parla di un quartiere fatto di persone, di modi di vivere e di relazionarsi che traspaiono semplicità e soprattutto una fiducia nell'altro non scontatamente regalata, ma attentamente custodita e scambiata, a tempo debito; una San Lorenzo che accoglie con regole precise ed evidenti a chi le conosce e allo stesso modo esclude.
Dopo una lunga conversazione iniziale, il signor Carlo ci invita ad entrare nella bottega, ritornando ad illustrarci il suo lavoro rigorosamente artigianale e mostrandoci, mentre ne parla, il valore affettivo che per lui riveste quel luogo e con quanta passione e dedizione svolge il suo lavoro.
Entrare in quel laboratorio è come fare un salto indietro nel tempo, in quelle pareti una storia custodita con cura che, tramite le mille foto incorniciate, parla orgogliosamente della storia di una famiglia, di più famiglie, di una romanità quasi ostentata; quel luogo parla di vite vissute e a tratti immortalate con uno scatto, che riescono a trasmettere qualcosa di diverso a chi riesce ad incuriosirsi, qualcosa che parla di San Lorenzo.
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